Titolo originale: Kokkyō no minami, taiyō no nishi
Autore: Haruki Murakami
Editore: Einaudi
Tradotto da: M. De Petra
Collana: Super ET
Data edizione: 24/05/2016
Pagine: 204
Prezzo: 12,00€ (cartaceo) - 8,99€ (ebook)
Fino ad allora Hajime aveva vissuto in un universo abitato solo da lui: figlio unico quando, nel Giappone degli anni Cinquanta, era rarissimo non avere fratelli o sorelle, aveva fatto della propria eccezionalità una fortezza in cui nascondersi, un modo per zittire quella sensazione costante di non essere mai lì dove si vorrebbe veramente. Invece un giorno scopre che la solitudine è solo un'abitudine, non un destino: lo capisce quando, a dodici anni, stringe la mano di Shimamoto, una compagna di classe sola quanto lui, forse di più: a distinguerla non c'è solo la condizione di figlia unica, ma anche il suo incedere zoppicante, come se in quel passo faticoso e incerto ci fosse tutta la sua difficoltà a essere una creatura di questo mondo. Quando capisci che non sei destinato alla solitudine, che il tuo posto nel mondo è solo là dove è lei, capisci anche un'altra cosa: che sei innamorato. Ma Hajime se ne rende conto troppo tardi - è uno di quegli insegnamenti che si imparano solo con l'esperienza - quando ormai la vita l'ha separato da lei. Come il dolore di un arto fantasma, come una leggera zoppia esistenziale, Hajime diventerà uomo e accumulerà amori, esperienze, dolori, errori, ma sempre con la consapevolezza che la vita, la vita vera, non è quella che sta dissipando, ma quell'altra, quella che sarebbe potuta essere con Shimamoto, quella in un altrove indefinito, a sud del confine, a ovest del sole. Una vita che forse, venticinque anni dopo, quando lei riappare dal nulla, diventerà realtà.
Di Murakami avevo solo letto Norwegian Wood, libro che mi era piaciuto ma non mi aveva fatta impazzire per alcuni aspetti negativi che ho riscontrato.
Per chiarirmi un po' le idee ho deciso di voler leggere altro di quest'autore e oggi sono certa di aver scelto il libro sbagliato.
Al sud del confine, a ovest del sole è un libro che mi ha lasciata senza parole nel modo più negativo possibile, perché io appena ho terminato la lettura di questo libro non sapevo cosa pensare, cosa dire. Ma le azioni parlano da sé e dovete credermi quando vi dico che arrivata all'ultima riga dell'ultima pagina io stavo per lanciare questo libro dalla finestra.
Andiamo con ordine....
Hajime è il nostro protagonista, nato all'inizio degli anni Cinquanta in Giappone, è cresciuto in una bolla di solitudine in quanto figlio unico, una situazione rara per la popolazione giapponese di quel periodo. Una solitudine che riesce a minimizzare con la compagnia di Shimamoto, compagna di classe di Hajime, anch'essa figlia unica.
I due diventano amici, passano del tempo insieme, fino a quando la vita non li divide.
E cosa succede?
Nulla. Life Happens.
In pratica Hajime cresce, si fidanza, si lascia, studia, trova lavoro, si sposa e diventa padre di due bambine. In tutto ciò, una parte di lui penserà spesso a Shimamoto, fino a quando, un bel (?) giorno, i due riusciranno a ritrovarsi.
E qui succede il peggio, il protagonista prenderà delle decisioni assurde (da prendere a schiaffi) dettate da un amore che devo pensare sia idealizzato dato che non ha fondamenta.
Responsabilità e rispetto non sono valori che Hajime conosce. Inoltre il passato di Shimamoto è avvolto nel mistero più assoluto, non ci è dato sapere cosa le è successo, ma ad Hajime non importa perché lui usa il cervello proprio come lo usa un sasso, problemi non se ne pone più di tanto e Shimamoto riesce a gestirlo come le pare e non vuole dare spiegazioni.
Poi succede dell'assurdo, scene senza senso, scene che non ho compreso, scene che mi hanno fatto riguardare copertina e mi avevano fatto dubitare del genere di libro che stavo leggendo, fino ad arrivare a un finale aperto, ovviamente.
Cosa dire...
Ho detestano questo libro, non ne ho trovato il senso. Certo, sono sempre presenti le classiche atmosfere tipiche della letteratura giapponese e vengono richiamati i temi come la malinconia e, soprattutto, la solitudine che sono descritti con delicatezza. Tutto il resto, però, è un grandissimo NO.
È una storia senza senso, raccontata poco e gestita male.
Sono presenti anche dei personaggi secondari che non hanno alcuna importanza, sono solo stati trattati con i piedi sia da Murakami che da Hajime. Gli ambienti sono descritti in modo minimo.
La narrazione è in prima persona, seguire i pensieri del protagonista può fare male al vostro cervello, quindi fatevi un favore e lasciate perdere.
Oddio! Mi spiace non ti sia piaciuto. È davvero brutto quando ci si imbatte in letture così deludenti. Io però sono di parte in quanto Murakami lo amo, come ben sai. Ma spero tu possa trovare quella giusta lettura che te lo faccia apprezzare come si deve ☺️
RispondiEliminaLo spero anche io! Di Murakami ho letto solo due libri: Norwegian Wood mi era piaciuto peccato che il finale abbia un po' rovinato l'idea che mi era fatta, mentre questo libro purtroppo mi ha delusa tantissimo. Comunque io non mi fermo qui e continuerò a leggere qualcos'altro di lui :)
EliminaChe disastro di libro... poverino, non lo hai salvato in niente...
RispondiEliminaGià, e mi è dispiaciuto molto. Spero di riuscire ad apprezzarlo maggiormente in altri suoi libri!
EliminaA me è piaciuto perché parla di sensi di colpa e dell'impossibilità di tornare indietro e cambiare le scelte che abbiamo fatto, non nego che non sia uno dei suoi capolavori.
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